Il basso livello dei tassi d’interesse colpisce due volte i fondi pensione a prestazione definita, quelli dove sono le aziende ad accantonare risorse per pagare pensioni di importo predefinito ai propri dipendenti: riduce i rendimenti degli attivi investiti e aumenta il valore attuale delle passività, le prestazioni promesse. Lo stesso vale per i fondi pensione pubblici, cioè quelli dell’INPS.

Il fondo pensione diventa necessario per combattere la crescita zero del PIL e dell’assegno previdenziale pubblico
Così, negli schemi pensionistici a prestazione definita inglesi, il funding ratio, il rapporto tra il valore degli attivi e il valore delle passività attese, è risalito in novembre all’88,1% dopo essere precipitato sotto la soglia dell’80% in estate; il gap dei 100 maggiori schemi pensionistici aziendali Usa, si collocava, a fine ottobre, al 77,3%.
Non stupisce, allora, che questi fondi pensione vengano progressivamente sostituiti da schemi pensionistici a contribuzione definita, dove il rischio è a carico del lavoratore, si riceve una pensione commisurata ai contributi versati.
In realtà il rischio di «funding», di versare contributi troppo bassi, esiste anche per la pensione pubblica, che pure si basa su un sistema contributivo definito nozionale, i contributi versati sono rivalutati in base alla variazione media quinquennale del Pil nominale.
I calcoli della Ragioneria generale dello Stato ci dicono che, almeno per i lavoratori dipendenti, il tasso di sostituzione, il rapporto tra pensione e ultima retribuzione, soprattutto se calcolato al netto delle imposte, sarà sufficientemente elevato.
Chi andrà in pensione nel 2050 o 2060 riceverà una pensione superiore all’80% dell’ultimo stipendio, ma a condizione che inizi a lavorare a 30 anni, che la contribuzione sia continuativa e che il Pil cresca.
Un «buco» contributivo ha pesanti effetti, a un lavoratore con una storia contributiva relativamente breve, per ricevere la pensione pubblica occorrono almeno 20 anni di contributi che determinino una pensione attesa superiore a una volta e mezza l’assegno sociale, è esposto al rischio di povertà.
Per integrare la pensione pubblica si può ricorrere a fondi pensione e Pip, ma si tratta ancora di schemi a contribuzione definita, nei quali, in aggiunta al rischio di sottofinanziamento, si è esposti anche all’andamento dei mercati finanziari.
In tema di previdenza e di sviluppo di un piano pensionistico che davvero garantista un’integrazione seria alla pensione pubblica bisognerebbe ispirarsi ai viaggi aerei: il passeggero si limita a indicare la destinazione e ad allacciare le cinture di sicurezza una volta a bordo; a garantire un volo sicuro, a definire la rotta, quale aeromobile adoperare e quanto carburante imbarcare ci pensa la compagnia aerea. E’ il tema del «carburante» è quanto mai importante.
Dovrebbero ricorrere alla previdenza integrativa soprattutto i lavoratori entrati tardi nel mondo del lavoro, sottopagati o dalla carriera frammentata, ovvero proprio i soggetti che dispongono di basse risorse finanziarie.