
Ormai Internet e le nuove tecnologie hanno cambiato l’approccio al mondo assicurativo. La polizza dl futuro sarà Smart e online
Una volta gli assicuratori sapevano che un bambino, arrivato a una certa età, avrebbe avuto la sua prima auto e sarebbe andato da loro per sottoscrivere una polizza. Oggi i Millennials, la generazione dei nati tra il 1980 e il 1996, sono interessati non tanto all’acquisto di un’auto, quanto al proprio desiderio di mobilità: che potrebbe riguardare un’auto, ma anche no.
Le compagnie tradizionali potranno sopravvivere solo se capiranno come diventare partner delle nuove generazioni, cercando soluzioni di mobilità che richiedano un’assicurazione. È un ribaltamento dell’approccio al business.
Federico Casalegno, l’italiano fondatore e direttore del Mobile Experience Lab del Mit, il prestigioso Massachusetts Institute of Technology di Boston, riafferma la sua visione: non ci sarà scampo per le industrie che non affrontano il salto di prospettiva determinato da una generazione già maggioritaria anche per influenza su consumi e stili di vita, una generazione per la quale la tecnologia è una seconda pelle.
L’automobile è un esempio: il problema non è più la proprietà del veicolo, e nemmeno il trasporto, ma la mobilità di cui il trasporto è soltanto un aspetto. Uber, lo spauracchio dei tassisti di mezzo mondo, si è già evoluto in un servizio di mobilità integrata: ti porta a casa gratis non solo il pranzo o la cena (Uber Eat) ma anche i vaccini antinfluenzali (Uber Health), e tutto è più facile che chiamare un taxi.
«Per i Millennials — osserva Casalegno – la condivisione è un valore fondamentale rispetto alla proprietà. Quello che conta è l’accesso ai servizi, che siano la musica di Spotify, i film di Netflix, le case di Airbnb, i passaggi di BlaBlaCar. E il modello Wikipedia che dalla conoscenza si è allargato ad altre esperienze di vita: accedo quando ne ho bisogno. Vale per tutti i beni e i servizi, e quindi anche per le assicurazioni».
Una compagnia australiana che si sta affermando negli Usa e presto sbarcherà in Europa, Trov, fornisce coperture on demand su oggetti personali attraverso una app. Se vado a farmi una biciclettata di due ore, in un attimo dallo smartphone posso assicurarmi per quel tempo e quel mezzo di trasporto.
Un’altra compagnia innovativa, Metromile, sempre attraverso un’app offre un’assicurazione in base alle miglia percorse (anche con una formula speciale dedicata agli autisti Uber).
Lemonade, startup assicurativa di successo plurifinanziata dai capitalisti di ventura, ha alzato ulteriormente l’asticella dell’innovazione riversando dichiaratamente nel proprio modello di business l’atteggiamento che più contraddistingue i Millennials: il peer to peer, termine mutuato dall’informatica per definire appunto la condivisione, il rapporto/scambiotra pari.
L’azienda tratta i premi come proprietà non dell’assicuratore, ma degli assicurati: significa che l’ammontare residuo appartiene a chi ha acquistato la copertura. Tale denaro verrà rimborsato sotto forma di donazioni a organizzazioni non profit, scelte dai clienti e in loro nome.
«Così facendo — sottolinea Casalegno – Lemonade intercetta un’altra caratteristica dei Millennials: il desiderio di relazionarsi a istituzioni e società che non abbiano soltanto uno scopo economico».
Ma i progressi dell’intelligenza artificiale e l’utilizzo dei cosiddetti Big Data preannunciano un futuro che ai Millennials appare già dietro l’angolo.
Pensiamo alle polizze attuali e immaginiamo un incidente (se gli incidenti esisteranno ancora) con l’auto che in pochi istanti calcola da sola l’ammontare dei danni, lo comunica e comincia a negoziare per ottenere il miglior prezzo e l’officina per le riparazioni ottimale, inviando nello stesso tempo una denuncia di sinistro.
Oppure una casa che rileva da sola perdite d’acqua o crepe nei muri e li comunica prima ancora che siano visibili.
«Sarà questo — spiega Casalegno – l’effetto dell’utilizzo dell’enorme mole di dati che in misura crescente si possono catturare dalla realtà che ci circonda attraverso sensori che inviano continuamente e direttamente informazioni ai server di rete, si tratti di un ponte, di una galleria, di una mandria di mucche al pascolo o di un elettrodomestico. Tanto che si parla di Internet delle cose».
Se non vorranno fare la fine dei dinosauri, avverte il direttore del Mit Mobile Experience Lab, «le assicurazioni dovranno trovare per tempo un approccio a tutto questo».