I 5 motivi per non lasciare i soldi sul conto corrente

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Sei tra i 40 milioni di risparmiatori italiani che è convinto di fare la scelta migliore lasciando i soldi sul conto corrente, sopratutto nei momenti di crisi?

Nel dubbio di sbagliare lascio i soldi sul conto corrente!

Non fartene una colpa, semplicemente non hai trovato ancora le informazioni giuste che ti aiuteranno a fare la scelta migliore per il tuo stile di vita.

Questo articolo fa proprio al caso tuo perché ti spiegherò, numeri alla mano, quanto stai perdendo e come fare per investire al meglio i tuoi risparmi, senza rischiare di finire in bancarotta.

Viviamo in un mondo complesso, pieno di insidie che minacciano i nostri risparmi.

Tutti i giorni sentiamo parlare di prospettiva negativa per per la nostra economia, di mercati azionari sempre più agitati e rischiosi e di crisi politiche sempre più frequenti.

Ti suona familiare?

E’ normale che l’incertezza e la paura di fare la scelta sbagliata ti fanno pensare che la cosa migliore è lasciare i soldi sul conto corrente.

Se non facessi da oltre 10 anni questo lavoro lo farei anche io.

La situazione però è questa: tenere i soldi sul conto corrente non ti fa guadagnare. Al contrario ti fa perdere…

In più diventa anche una spesa e un grande rischio.

Ma procediamo con ordine e vediamo insieme quali sono i cinque motivi per i quali rischi a lasciare troppi soldi sul conto corrente.

 

Fallimento della banca

Un tempo, quando una banca entrava in crisi, lo Stato interveniva per tutelare i correntisti tramite un fondo pubblico costituito con i soldi dei contribuenti.

Oggi questa garanzia non esiste più: è l’istituto di credito a dover ripianare i debiti attingendo dalle proprie risorse.

A farne le spese sono innanzitutto gli azionisti, gli investitori, gli obbligazionisti e i risparmiatori.

E’ quello che in termini tecnici viene chiamato bail in (clicca qui per leggere l’articolo dedicato).

Per semplificare cosa significa il bail in, in presenza di una situazione di indebitamento bancario, la legge prevede un ordine gerarchico “di rischio”, dove i primi della lista sono coloro che perderanno subito i soldi.

Seguendo quest’ordine troviamo gli azionisti, poi i detentori di altri titoli di capitale, gli altri creditori subordinati, i creditori chirografari e le persone fisiche e le piccole e medie imprese titolari di depositi per l’importo eccedente i 100.000 euro.

Il consiglio è quello di tenere il conto corrente al di sotto di 100 mila euro, in modo da non rischiare neanche un euro in caso di fallimento della banca.

 

Inflazione

A giugno 2021, secondo l’ultima statistica di Banca d’Italia, le famiglie italiane hanno depositato sui conti correnti 1.131 miliardi di euro sotto dorma di liquidità, 64 miliardi in più rispetto a giugno del 2020. 

Da qualche tempo, alcune banche (ad esempio Unicredit e Fineco) hanno Iniziato ad applicare tassi negativi sui conti correnti, cioè chiedono ai propri clienti di pagare la giacenza della liquidità.

Hai capito bene: devi pagare la banca per tenere i soldi sul conto.

Considerando che l’inflazione a novembre 2021 è del 3,7% e i rendimenti sulla liquidità sono addirittura negativi, in 10 anni hai la   matematica di perdere più del 30% del tuo potere d’acquisto.

Ciò significa che, lasciando i soldi sul conto corrente, poiché non ci sono rendimenti sulla liquidità, si subisce una perdita di potere d’acquisto: mille euro depositati oggi in banca, tra un anno permetteranno di comprare meno beni e servizi perché il livello dei prezzi nel frattempo è aumentato.

Per risolvere il problema dell’inflazione l’ideale è di scegliere forme di investimento ibride che hanno come obiettivo la protezione del capitale e il controllo della volatilità, ma che contemporaneamente riescono a ricercare rendimenti superiori all’inflazione.

 

Pignoramento del fisco

Con l’arrivo di Agenzia delle Entrate Riscossione, si è parlato molto del potere che ha l’esattore di pignorare il conto corrente del contribuente senza un ordine del tribunale.

La procedura, che può essere avviata non prima di 60 giorni dalla notifica della cartella, prevede l’invio di una lettera alla banca e al debitore (quest’ultimo la riceve quasi sempre in un momento successivo).

In questa comunicazione è contenuto l’avviso che, in mancanza di un pagamento entro i successivi 60 giorni, le somme presenti sul conto dovranno essere accreditate direttamente all’agente della riscossione, e così anche i successivi accrediti fino ad estinzione totale del debito.

In una situazione del genere il conto corrente diventa inutilizzabile.

L’unica soluzione è chiedere una rateazione oppure aprire un differente rapporto con un’altra banca, ma ciò non garantisce l’estensione del pignoramento anche a quest’ultimo.

Possono tirare un mezzo sospiro di sollievo i lavoratori dipendenti e i pensionati.

Per questi il pignoramento parte solo per importi – già depositati alla data di notifica del pignoramento – superiori a 1.345,56 euro (ossia tre volte l’assegno sociale).

Dunque, lasciando il conto sotto tale tetto non si rischia alcunché, fermo restando il pignoramento delle successive mensilità.

Ma con questi ulteriori limiti:

  • per stipendi o pensioni fino a 2.500 euro, il pignoramento è di massimo un decimo dell’importo;
  • per stipendi o pensioni tra 2.5001 e 5.000 euro, il pignoramento è di un settimo;
  • per stipendi o pensioni superiori a 5.000 euro, il pignoramento è di un quinto.

C’è poi il divieto di pignorare l’ultima mensilità accreditata alla data di notifica del pignoramento (per non lasciare il contribuente, di punto in bianco, senza i soldi per fare la spesa).

Anche quando il creditore è un soggetto privato (ad esempio la banca), vale il divieto di pignoramento delle somme depositate al di sotto del triplo dell’assegno sociale.

 

I rischi della crisi economica: la tassa patrimoniale

Nel luglio del 1992 il governo Amato impose, in una notte, un prelievo straordinario dai conti correnti degli italiani pari al 6 per mille (la cosiddetta «tassa patrimoniale»).

In quella occasione tutti urlarono al furto di Stato. Lo spettro dell’imposizione fiscale, attuata con decretazione di urgenza, intimorisce tutt’oggi il popolo.

Anche l’esempio della Grecia, che ha imposto d’un tratto un limite ai prelievi dal conto, ha segnato i risparmiatori di tutta Europa e, in particolare, quelli italiani, così vicini alla situazione ellenica.

 

Imposte fiscali

Attualmente il conto corrente con una giacenza media annua inferiore a 5mila euro gode di un più favorevole trattamento fiscale: per essi infatti non si deve pagare l’imposta di bollo.

Invece su un conto con giacenza di 5mila euro in media si paga circa 34,2 euro, circa il 7 per mille.

In questa situazione è sicuramente più conveniente investire i soldi in strumenti finanziari che hanno l’imposta di bollo agevolata.

 

Conclusioni

Adesso che hai scoperto perchè non devi lasciare tanti soldi sul conto corrente, puoi continuare a ignorare il problema e lasciare che i tuoi risparmi diminuiscono.

Oppure puoi scegliere di prendere la situazione di petto per cambiare in meglio il valore dei tuoi risparmi.

Articolo aggiornato il 07 marzo 2022

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